Corriere dello Sport - Stadio

Il racconto della gara dal Corriere dello Sport-Stadio del 30 giugno 2000 attraverso l’editoriale di Mario Sconcerti e le pagelle di Alberto Polverosi

L’Editoriale di Mario Sconcerti

Una fortuna venuta da molto lontano

Abbiamo avuto fortuna, ma ce la siamo conquistata con dieci anni di umiliazioni. Perdemmo i mondiali di Roma nel ‘90 ai rigori contro l’Argentina. Abbiamo perso ai rigori quattro anni dopo anche i mondiali d’America; siamo stati eliminati ai rigori dalla Francia nei mondiali del ‘98 senza contare che nel ‘96 contro la Germania Zola sbagliò il rigore che ci avrebbe qualificati. Dovremmo adesso vergognarci per le prodezze di Francesco Toldo?

Francamente no. È stata una partita brutta ed entusiasmante, ma soprattutto segnata. E la chiave di volta è stata proprio l’espulsione di Zambrotta che ci ha messo in dieci uomini dopo appena mezz’ora. Quell’espulsione ci ha dato la prima e forse unica opportunità di reagire al destino che la partita si era dato. Subivamo e basta, subivamo tutto, eravamo schiacciati e labili, inconsistenti, risibili. Non ricordo di aver visto altre volte una squadra avere il 70 per cento del possesso palla. Non ricordo di aver visto altre volte una squadra non riuscire ad arrivare in porta perché è completamente incapace di quattro passaggi in fila.

Quelle espulsione ci ha rimesso psicologicamente impartita. Non potevamo riuscirci con il gioco, ci siamo riusciti pensando di subire un’ingiustizia. Cinque minuti dopo, il rigore di Nesta su Kluivert ci ha dato la rabbia per tornare ad avere voglia di vincere. E quando Toldo ha strappato dall’angolo il pallone di De Boer, è stato chiaro che la serata stava cambiando, che il destino stava girando. La fortuna non arriva mai invano, ha sempre una sua ragione, una sua giustificazione, anche lontana, ma ben radicata nella vita.

Conosco poi benissimo Toldo per vecchia militanza fiorentina e so che quando è in giornate come queste, nessuno riesce a fargli gol. Gli olandesi hanno tirato alla fine sei rigori, ne hanno segnato appena uno. Ben tre li ha parati questo ragazzo di quasi due metri che da due anni è nettamente il miglior portiere d’Italia, probabilmente del mondo, ma che in Nazionale ancora non era riuscito a dare piena mostra di sé. Ora porta la Nazionale in finale dopo che era partito per la Norvegia venticinque giorni fa con la sicurezza di essere riserva. Zoff un dubbio l’aveva avuto, ma l’aveva risolto dando fiducia a Buffon. Poi ecco il destino: Buffon si infortuna, si rompe addirittura una mano, il massimo per un portiere. Qualcosa che lo toglie decisamente dalla scena e lasciato Toldo finalmente libero e tranquillo. Anche quello, nel suo modo vagamente macabro, era un segno.

Forse quest’Italia flessibile più del lavoro che vorrebbe la Confindustria, questa Italia di superprofessionisti oberati da costanti pensieri miliardari, di ragazzi apparentemente freddi, sempre pronti alla firma per uno sponsor in più, di segnali del destino ne ha avuti tanti. Non si arriva mai lontano se il vento non è dalla nostra parte. Ma c’è stato qualcosa di grande e di banale che è successo, come un ritorno alla forza della semplicità, come bruciarsi con un cerino nell’età dei laser. Questi ragazzi ricchi e viziati hanno improvvisamente cominciato a divertirsi. Hanno preso il ritiro in Belgio per un’avventura che valeva la pena di essere vissuta e non per una clausura che li allontanava dalle vacanze. Hanno cominciato ad aver voglia di vendette, a capire che c’era un filo diretto con la gente che non passava attraverso i giornalisti, sospettosi e cinici; hanno capito che la vita quando è grande non passa mai due volte. E hanno deciso di volere tutto.

A ognuno di noi è capitato di accendere un’amicizia forte e improvvisa con un compagno occasionale di lavoro, di vacanza, di un viaggio. Per giorni, per settimane vivi insieme e gli racconti tutto della tua storia. Poi la vacanza-il viaggio-il lavoro finisce, si torna ognuno nelle proprie città e non ci sente più per anni forse per sempre.

In Belgio è successa la stessa cosa. Si è formato un gruppo, una somma di introversioni è diventata sentimento; una banda di ragazzi slegati, narcisisti ed anche abbastanza contrapposti è diventata una famiglia, un grappolo di piccoli fratelli d’Italia decisi a cogliere l’attimo. Noi parliamo sempre di calcio, di tattiche, di schemi, di staffette. Ma poi sono alchimie come queste che fanno il miracolo. Nessuna squadra, anche organizzata, anche piena di fuoriclasse, avrebbe ottenuto quello che l’Italia ha ottenuto se non avesse avuto il piacere di vivere insieme che questi ragazzi hanno trovato.

Ricordatevi i rigori: l’Olanda è arrivata battuta, non aveva più niente dentro. Era disperata e solare. Noi ci stringevamo le mani, eravamo solo nervi, vivevamo. E abbiamo vinto.

Credo Zoff avrà capito di aver sbagliato formazione e soprattutto interpretazione della partita. Non gli sarà sfuggito che è stato scandaloso come nel primo tempo l’Italia abbia solo subito l’Olanda. Era anzi evidente che l’unica tattica disponibile era quella di aspettare l’errore degli avversari. Una tattica che scavalcava a sinistra il vecchio Cesare Maldini ma anche il miglior Trapattoni. Con giocatori come Del Piero, Nesta, Albertini, Maldini e via dicendo, una squadra ha il dovere di chiedersi di più. Ha soprattutto il dovere di ricordarsi di rappresentare un intero Paese. Non può accettare impunemente di condannarsi a figure pessime.

Ma tutto questo, tutto quel bruttume avvilente ora non conta più. È stato cancellato dalla sintonia del gruppo, e dal piacere di giocare un’avventura irripetibile che sta portando i ragazzi italiani dove forse non potevano arrivare.

La gente lo ha capito e infatti è tornata nelle strade. Non sono più le notti magiche perché forse abbiamo perso il vizio degli slogan e preferiamo targarci la vita da soli, ma è stata una notte italiana in cui tutta la nazione ha reso omaggio a 22 suoi ragazzi.

Dal punto di vista tecnico è inutile aggiungere anche una parola. Tutti abbiamo visto tutto. Per evitare di essere troppo onesti e cattivi, è bene ricordare che l’Italia del calcio ha già vinto il titolo europeo Under 21 ed è in finale adesso con quello dei grandi. Un risultato che sembrerebbe sancire una superiorità netta su tutto il continente. Forse non è così, ma evitiamo almeno di essere troppo crudeli.

In finale troveremo adesso la Francia. Nell’ordine sarà importante rimettere insieme gli acciaccati (Albertini, Di Biagio, Maldini e chissà quanti altri nelle conseguenze occulte di questa maratona olandese), smaltire la sbornia dei supplementari e dei rigori, riuscire a farlo per domenica con un pugno di ore a disposizione. Poi penseremo a come poter cercare di vincere. Ma stavolta sarà opportuno impostare una partita vera. Qui non si tratta di un calcio che aspetta e di un calcio che attacca. Si tratta semplicemente di giocare a calcio. Riesce anche a noi. Sarebbe giusto farlo vedere alla Francia. Buona fortuna.

Le pagelle 

di Alberto Polverosi

L’umiltà di del Piero. Maldini, diga nel finale. Zambrotta, l’unico neo

  • Toldo 9 – Da ieri sera Francesco Toldo è nella storia del calcio italiano. Un rigore parato e un altro che sbatte sul suo palo nei primi 90 minuti. Poi altri due, se possibile ancora più decisivi, nella serie dei the dei finali. Lo para ancora De Boer e poi, l’ultimo a Bosvelt. In tutto, in questa stagione ne ha parati sei: il primo a Kano contro l’Arsenal, il secondo a Di Napoli contro il Piacenza, il terzo a Mihajlovic contro la Lazio, il quarto a Frank de Boer, mentre sembra che l’irreparabile stia per accadere nella nostra partita. Un abbraccio da tutta l’Italia.
  • Cannavaro 7,5 – Appena inizia la partita si capisce che ci sarà lavoro per i suoi tacchetti. Aspetta Bergkamp quando (ma succede di raro) si sposta nel suo settore, altrimenti deve occuparsi di Kluivert che gli crea qualche problema solo all’inizio. Quando viene espulso Zambrotta, e Zoff passa al 441, il leoncino va sulla fascia destra per contenere Zenden, l’olandese che ha rovinato l’Italia. È fuori ruolo, ma si batte lo stesso con furore senza mai darsi per vinto, nemmeno quando gli tocca Overmars. È il degno compagno di battaglia di Nesta.
  • Nesta 8,5 – Ci mette in imbarazzo: per la prima volta ci siamo esaltati per un difensore e, se restassimo in preda alle emozioni, non sapremmo che voto dargli. È fantastico, sublime, alla fine del 90’ lo vediamo che esce da un mischione palleggiando. Contrasta sempre e marca tutti, compresi alcuni suoi compagni. La prima volta che fa un passettino al di là della linea di difesa, la Nazionale rischia di prendere subito un goal. È la posizione di Bergkamp a scombinare l’assetto difensivo degli azzurri, perché l’ex interista, sistemandosi a metà strada fra la difesa e il centrocampo azzurro, sguscia nella nostra area che è una bellezza. Nesta se lo trova spesso davanti e deve essere prontissimo per evitare danni. Per l’arbitro, commette un fallo da rigore su Kluivert, un fallo che non c’è. Finisce con i crampi.
  • Iuliano 6 – Sta sulla parte sinistra della difesa, dove all’inizio, quando sfugge a Maldini, arriva anche Overmars. Sbagli i rinvii e si fa bere in area da Bergkamp, nell’occasione del palo. Non dà molta sicurezza.
  • Maldini 6,5 - Parte facendo fatica contro Overmars. Col passare del tempo capisce come portarlo fuori dal gioco d’attacco dell’Olanda e trova anche lo spazio per proporsi in attacco. Nel finale del primo tempo prende un’ammonizione per proteste: Merk lo ha mandato su tutte le furie. Nei supplementari, quando la Nazionale è ormai senza una goccia di benzina, il capitano porta sacchetti di sabbia e filo spinato nella trincea. Il suo finale è fantastico. Peccato che sbagli il rigore, ma non fa niente.
  • Zambrotta 4 - Un disastro. La sua espulsione dà un’altra spinta all’Olanda che non avrebbe bisogno di vantaggi. È un’espulsione stupida che ricorda quella dell’ultima giornata, a Perugia. Stavolta il primo cartellino giallo arriva al 16’, per un fallo su Zenden. Dopo 20 minuti il bis, plateale, mentre ha addosso agli occhi di tutto lo stadio perché l’olandese gli ha appena fatto un gran tunnel: lui si gira e lo sgambetta.
  • Albertini 6,5 - Sulle sue spalle e su quelle di Biagio pesa tutto il centrocampo, perché Fiore non gli è di grande aiuto. Sta un po’ su Davis è un po’ su Bergkamp, quando il numero 10 dell’Olanda retrocede a centrocampo.
  • Pessotto 7 (33’ st) – Si piazza davanti alla difesa e prende in consegna l’avversario che arriva in quella zona con la palla al piede.
  • Di Biagio 7 – Più che il giocatore, qui conta l’uomo. E Di Biagio ha un carattere d’acciaio. Due anni fa sbagliò il rigore a Parigi, ma stavolta tocca ancora lui andare sul dischetto. Lo fa per primo, con un coraggio straordinario. E segna. È la porta che apre al successo. In una partita diversa, avrebbe perso un po’ di tempo a cercare l’intesa con Albertini, ma di fronte all’arrembaggio dell’Olanda è meglio non fermarsi a studiare le posizioni giuste, qui bisogna correre e l’interista non ha pause.
  • Fiore 6 – Nel primo tempo è come se non ci fosse. Gioca in una posizione che andrebbe bene se l’Italia attaccasse, ma siccome gli azzurri non tirano mai importa Fiore è utile. Una volta espulso Zambrotta, diventa più utile perché va a fare l’esterno sinistro nel centrocampo azzurro. Nella ripresa va meglio, alcuni spunti sono utili per rompere l’assedio olandese e dare un po’ di consistenza al nostro attacco.
  • Totti 7 (38’ st) – La prima palla è già un assist per Delvecchio. Poi ci metti i muscoli, ci mette il cuore è una rabbia infinita. La seconda idea, a metà del primo supplementare è uno spettacolo: 50 m di lancio ancora per Delvecchio che ha di nuovo una buona occasione. Il suo rigore è uno sberleffo a Van der Sar.
  • Del Piero 6 – Nella prima mezz’ora, quella in parità numerica, non si fa mai vedere. È vero che la nazionale pensa solo a proteggere la sua difesa, ma è altrettanto vero che lo juventino resta troppo sganciato dal resto del centrocampo. Con l’espulsione di Zambrotta, cambia completamente il gioco e va fare l’esterno destro di centrocampo. È un ruolo di fatica, Del Piero si presta con umiltà, senza grandi risultati, ma anche con rabbia, senza mai rinunciare ad una rincorsa. Ovviamente, quando riparte in attacco non è più lucido e sbaglia quasi tutti i passaggi, angoli compresi.
  • Inzaghi 6 – Si batte tanto, con una straordinaria generosità, nonostante che la squadra si dimentichi di lui anche quando gioca con 11 uomini. Contro Stam e De Boer non è facile, ma Pippo ha un bel cuore e non si ferma mai. Esce perché è stremato.
  • Del Vecchio 6,5 (22’ st) - Entra per tenere palla, ha anche un paio di occasioni per segnare il goal del miracolo. Per il resto, fa tutto quello che deve fare.