Dichiarazioni lesive - art. 23, comma 1, CGS - art. 4, comma 1, CGS - disposizione di chiusura
Anche nel caso in cui sia da escludere la violazione dell’art. 23 del CGS, va comunque verificato se possa residuare una violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, che, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. L’art. 4, comma 1, costituisce quindi una disposizione di chiusura di carattere generale la cui applicazione non è esclusa necessariamente dalla presenza della disposizione speciale del citato art. 23 del CGS, ove di quest’ultima non venga riconosciuta l’applicabilità ma sussistano i presupposti per riconoscere comunque la violazione del dovere di lealtà, correttezza e probità (CFA, Sez. I, n. 23/2022-2023). (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che fosse superato il confine tra il legittimo diritto di critica in quanto l’interessato non si era limitato a criticare il merito di questa o quella decisione arbitrale, ma aveva utilizzato espressioni incontinenti ed offensive, volte esclusivamente a denigrare la persona del direttore di gara e a gettare un pervasivo discredito sulla conduzione dell’incontro da parte di questi. Il tutto aggravato dalla funzione dirigenziale del tesserato, atteso che le regole violate assumono una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati e, primi tra questi, a quei soggetti che, rappresentando le associazioni e le società sportive, ne costituiscono istituzionalmente l’immagine e la voce nei rapporti esterni e, nell’ambito di questi, con gli organi di informazione).
Stagione: 2024-2025
Numero: n. 106/CFA/2024-2025/C
Presidente: Torsello
Relatore: Anastasi
Riferimenti normativi: art. 23, comma 1, CGS; art. 4, comma 1 CGS
Articoli
Art. 4 - Obbligatorietà delle disposizioni generali
- I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.
- In caso di violazione degli obblighi previsti dal comma 1, si applicano le sanzioni di cui all'art. 8, comma 1, lettere a), b), c), g) e di cui all'art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), f), g), h).
- L'ignoranza dello Statuto, del Codice e delle altre norme federali non può essere invocata a nessun effetto. I comunicati ufficiali si considerano conosciuti a far data dalla loro pubblicazione.
Art. 23 - Dichiarazioni lesive
1. Ai soggetti dell'ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA.
2. La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone.
3. Qualora le dichiarazioni siano idonee a ledere direttamente o indirettamente il prestigio, la reputazione o la credibilità dell’istituzione federale nel suo complesso o di una specifica struttura, all’autore delle dichiarazioni di cui al comma 1 si applica l’ammenda da euro 2.500,00 ad euro 50.000,00, se appartenente alla sfera professionistica. Nei casi più gravi, si applicano anche le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lettere f), g), h).
4. Nella determinazione dell’entità della sanzione sono valutate:
a) la gravità, le modalità e l’idoneità oggettiva delle dichiarazioni, anche in relazione al soggetto da cui provengono, ad arrecare pregiudizio all’istituzione federale o a indurre situazioni di pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza di altre persone;
b) la circostanza che le dichiarazioni siano rilasciate da un dirigente o da altro soggetto che abbia la rappresentanza di una società o comunque vi svolga una funzione rilevante;
c) la circostanza che le dichiarazioni siano comunque volte a negare o a mettere in dubbio la regolarità delle gare o dei campionati, l’imparzialità degli ufficiali di gara, dei componenti degli organi tecnici arbitrali e dei componenti degli organi di giustizia sportiva nonchè la correttezza delle procedure di designazione.
5. La società è responsabile, ai sensi dell’art. 6, delle dichiarazioni rese dai propri dirigenti e tesserati nonché dai soggetti di cui all'art. 2, comma 2.
6. La società è punita, ai sensi dell’art. 6, con una ammenda pari a quella applicata all’autore delle dichiarazioni. Costituisce circostanza attenuante la pubblica dissociazione dalle dichiarazioni lesive, con fissazione della sanzione anche in misura inferiore al minimo. In casi eccezionali, la pubblica dissociazione può costituire esimente.