VINCOLO DI GIUSTIZIA – ART. 34 CGS – DUE FATTISPECIE – COMMA 1 – SANZIONA COMPORTAMENTI NON ESPRESSAMENTE CIRCOSTANZIATI – COMMA 3 - SANZIONA SPECIFICAMENTE IL RICORSO ALL’AGO CONTRO PROVVEDIMENTI FEDERALI

L’art. 34 CGS stabilisce al primo comma che i soggetti tenuti all’osservanza del vincolo di giustizia di cui all’art. 30, comma 2 dello Statuto, (id est: accettare la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC) ove pongano in essere comportamenti comunque diretti alla elusione o alla violazione del predetto obbligo, incorrono nell’applicazione di sanzioni non inferiori: alla penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società; alla inibizione o squalifica non inferiore a sei mesi per i calciatori e per gli allenatori nonché ad un anno per tutte le altre persone fisiche. Il terzo comma della norma, poi, così dispone: “Nel caso di ricorso all’autorità giudiziaria da parte di società e tesserati avverso provvedimenti federali in materie riservate agli organi di giustizia sportiva o devolute all’arbitrato, si applicano le sanzioni previste dai commi 1 e 2 nella misura del doppio.” La norma, la cui ratio va ricercata nella tutela dell’autonomia del processo sportivo, sanziona il comportamento del tesserato che, ponendosi in contrasto con essa, lede la “chiusura” del sistema che siffatto vincolo impone, a vantaggio della sua intima coerenza. L’art. 34 CGS enumera due distinte fattispecie, soggette ad un diverso regime sanzionatorio. Al primo comma, la disposizione in esame reca una clausola generale volta a sanzionare comportamenti non espressamente circostanziati, ma unificati dalla volontà di sottrarsi al vincolo di giustizia sportiva e, dunque, tipizzati nella loro finalità elusiva o violativa del vincolo medesimo. Tanto si evince dall’uso in forma ellittica dell’avverbio “comunque”, per significare e ricomprendere un ampio catalogo di condotte che siano poste in essere dai tesserati finalizzate ad “esternalizzare” fatti e situazioni giuridiche rilevanti solo per l’ordinamento sportivo e, come tali, destinati a produrre ed esaurire i propri effetti al suo interno. Il terzo comma presenta invece un contenuto più determinato, posto che esso sanziona specificamente il ricorso all’AGO avverso provvedimenti adottati dalle Autorità federali, trasferendone lo scrutinio di legittimità all’esterno dell’ordinamento federale, il che spiega la maggiore severità del trattamento sanzionatorio. Il più severo regime sanzionatorio previsto al terzo comma si rivela in linea con i principi fondanti dell’ordinamento sportivo, rinvenibili nella norma costituzionale di cui all’art. 18 della Costituzione, concernente la tutela della libertà associativa, nonché nell’art. 2 relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo; principi questi volti a negare alla giurisdizione statale lo svolgimento di una tutela diretta di annullamento dei provvedimenti federali, per la sua portata maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo. Pertanto la violazione delle norme di riferimento si realizza non solo in caso di ricorso alla giurisdizione statale in assenza di autorizzazione del Consiglio federale, ma anche nei comportamenti volti ad eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione, come nella pattuizione di una clausola compromissoria, derogatoria della competenza arbitrale. (nel caso di specie la Corte ha sanzionato l’apposizione di una clausola compromissoria contenente una deroga alla competenza del Collegio Arbitrale con devoluzione al Giudice Ordinario, ritenendo sussistente una rinuncia preventiva alla tutela giustiziale).

Stagione: 2022-2023

Numero: n. 57/CFA/2022-2023/C

Presidente: Torsello

Relatore: Giordano

Riferimenti normativi: art. 34, comma 1 e comma 3, CGS;

Articoli

1. I soggetti tenuti all'osservanza del vincolo di giustizia di cui all'art. 30, comma 2 dello Statuto, ove pongano in essere comportamenti comunque diretti alla elusione o alla violazione del predetto obbligo, incorrono nell'applicazione di sanzioni non inferiori: alla penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società; alla inibizione o squalifica non inferiore a sei mesi per i calciatori e per gli allenatori nonché ad un anno per tutte le altre persone fisiche.
2. Fatte salve eventuali diverse disposizioni, in aggiunta alle sanzioni indicate al comma 1, deve essere irrogata una ammenda nelle seguenti misure:
a) da euro 20.000,00 ad euro 50.000,00 per le società di serie A;
b) da euro 15.000,00 ad euro 50.000,00 per le società di serie B;
c) da euro 10.000,00 ad euro 50.000,00 per le società di serie C;
d) da euro 500,00 ad euro 20.000,00 per le altre società;
e) da euro 10.000,00 ad euro 50.000,00 per le persone fisiche appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti Serie A e alla Lega Nazionale Professionisti Serie B;
f) da euro 5.000,00 ad euro 50.000,00 per le persone fisiche appartenenti alla Lega Italiana Calcio Professionistico;
g) da euro 500,00 ad euro 20.000,00 per le persone fisiche appartenenti al settore dilettantistico.
3. Nel caso di ricorso all’autorità giudiziaria da parte di società e tesserati avverso provvedimenti federali in materie riservate agli organi di giustizia sportiva o devolute all’arbitrato, si applicano le sanzioni previste dai commi 1 e 2 nella misura del doppio.

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