GIUDIZIO E RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE – CODICE PREVIGENTE - RESPONSABILITÀ DELLA SOCIETÀ - RESPONSABILITÀ OGGETTIVA – NATURA GIURIDICA – RATIO

Fino all’entrata in vigore del Codice vigente, la responsabilità oggettiva era stata definita, a più riprese, come l’architrave della giustizia sportiva la cui caratteristica era rappresentata dal fatto che la società di calcio rispondeva disciplinarmente a prescindere dalla colpa o dal dolo. Si trattava, dunque, di una responsabilità senza colpevolezza, imputata per fatto altrui. V’era, dunque, un vero e proprio trasferimento, in capo alla società, della responsabilità soggettiva di tutte le persone che, a vario titolo, agivano nell’interesse della medesima società o comunque svolgevano attività rilevante per l’ordinamento sportivo (Corte federale d’appello, Sez. III, n. 124/2015-2016). Vero è che nei confronti di tale forma di responsabilità furono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, però, si osservava che la responsabilità oggettiva, trovava una valida giustificazione nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità (ex multis: Corte di giustizia federale, SS.UU. n. 43/2011-2012). Ciò nel presupposto che il più caratteristico e qualificante momento espressivo dell'autonomia regolamentare di una formazione sociale che aspiri ad avvalersi della propria prerogativa di organizzarsi come un'istituzione è rappresentato dalla individuazione, in ragione dei fini suoi propri, dei valori e dei disvalori rispettivamente da tutelare e da reprimere e dalla strumentale identificazione dei mezzi per promuovere gli uni e condannare gli altri. Tale libertà ordinamentale si risolve sia nella costituzione, in positivo ed in negativo, del telaio delle condotte meritevoli di riconoscimento che nel quomodo, ossia nei mezzi attraverso i quali, premialmente o punitivamente, inverare tale scelta pregiudiziale. Tale libertà ordinamentale punitiva si è espressa, tra l’altro, con la previsione – da parte del Legislatore federale - dell’istituto della responsabilità oggettiva (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 90/2019-2020). Fondamentale, dunque, appariva il richiamo all’autonomia dell’ordinamento sportivo – com’è noto costituzionalmente garantita - e l’ammissibilità di tale forma di responsabilità veniva indicata come la misura del grado di effettivo riconoscimento della autonomia medesima. Sotto il profilo della ratio, si sottolineava che la responsabilità oggettiva trovava la sua ragione nell’opportunità di assicurare il pacifico svolgimento dell’attività sportiva e delle competizioni agonistiche, incentivando (o meglio responsabilizzando) le società di calcio ad un controllo sui propri tesserati (ex multis: Corte federale d’appello, Sez. III, n. 124/2015-2016); ovvero nella necessità di tutelare al massimo grado il fine primario perseguito dall’organizzazione sportiva, vale a dire la regolarità delle gare, addossando anche sulle società le conseguenze disciplinari delle infrazioni realizzate dai propri tesserati (Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, lodo 26 marzo 2012, Lodo Atalanta Bergamasca; Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 71/2021). In particolare, si rilevava che la sua larga utilizzazione era correlata a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile per venire a capo - in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati - di situazioni di fatto che altrimenti avrebbero richiesto - anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo - lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti che l’ordinamento sportivo non poteva permettersi di lasciare impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie (ex multis: Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 43/2011-2012). Secondo un approccio parzialmente diverso, si sottolineava che nelle fattispecie di responsabilità oggettiva l’interesse protetto era già predeterminato dal legislatore sportivo, non dovendo essere lo stesso ricercato all’interno della categoria del danno ingiusto. Del danno (prefigurato) rispondeva (per l’ordinamento sportivo) un soggetto diverso dall’autore dell’illecito (responsabilità per fatto altrui), ovvero colui che rivestiva una data qualità o esercitava un certo mestiere o attività, a prescindere dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa. E ciò in forza e conseguenza del principio cuius commoda eius et incommoda (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 101/2017-2018). Parte della dottrina evidenziava che con tale forma di responsabilità non si perseguiva uno scopo punitivo, bensì il giusto equilibrio dei valori che determinano il risultato sportivo e che la sanzione disciplinare non era rivolta a colpire soggettivamente la società, ma a mutare oggettivamente una situazione di fatto verificatasi contro e nonostante le regole dell’ordinamento sportivo. In questa prospettiva, la giurisprudenza esofederale metteva in evidenza che, nella società contemporanea, l'ordinamento sportivo - ma anche quello statale - prevede casi in cui, soprattutto ove alcune attività possono determinare rischi per una collettività, determinati soggetti debbano rispondere di illeciti altrui pur in assenza di propria colpevolezza; si enfatizzava il c.d. principio di “precauzione”, in forza del quale l'esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è talmente forte che il criterio di imputazione della responsabilità, a carico della società calcistica, è talmente severo e rigoroso da consentire di irrogare sanzioni oltre e al di là di ogni individuazione di colpevolezza (e ciò, ovviamente, fatta salva la punibilità anche penale dell'autore materiale ove individuato). Il principio di precauzione era ben coerente con le finalità istituzionali perseguite dalle istituzioni e dagli altri soggetti operanti nel mondo dello sport: promuovere trasparenza, correttezza, ordine e rispetto dell'avversario in una libera competizione ove il migliore prevalga. Di conseguenza, la responsabilità oggettiva aveva un forte effetto dissuasivo, preventivo e riparatorio. Ma è anche vero che prescindeva da ogni giudizio di disvalore verso la società sanzionata. (Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 42/2015; Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 58/2015). Tale principio di precauzione imponeva dunque l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che potessero influire negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva (ex multis: Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 68/2019-2020). D’altro canto, si  rilevava che tale modello era stato riconosciuto e adottato in più occasioni anche dal Tribunale arbitrale dello sport di Losanna (TAS), il quale ne aveva sottolineato, in particolare, la funzione deterrente nei confronti degli episodi di violenza commessi dai sostenitori, statuendo che «The principle of strict liability for supporters’misbehaviour is a fundamental facet of the current football regulatory framework and one of the few legal tools that football authorities have at their disposal to deter hooliganism and, more in general, supporters’improper conduct”(CAS 2015/A/3875 Football Association of Serbia (FAS) v. Union des Associations Européennes de Football (UEFA), lodo del 10 luglio 2015). Veniva anche rilevato come tali norme rivestono natura negoziale in quanto sono il risultato dell’autonomia concessa alla Federazione, che è la stessa che viene riconosciuta a qualsiasi altro ente con personalità giuridica di diritto privato; autonomia che, comunque, era assoggettata ai limiti del giudizio di liceità e del controllo di meritevolezza e di proporzionalità come qualsiasi altro atto negoziale. Ma è proprio tale autonomia negoziale che era idonea ad escludere l’assimilabilità degli illeciti sportivi agli illeciti amministrativi o agli illeciti penali e quindi a contraddire una risalente pronuncia di un tribunale amministrativo che aveva desunto l’illegittimità delle norme che prevedono la responsabilità oggettiva invocando il principio della personalità della pena. Laddove - era stato notato - l'art. 27 della Costituzione si riferisce alla sola responsabilità penale. Talune perplessità sollevate in dottrina avevano comunque indotto la giurisprudenza a ispirarsi a criteri di proporzionalità della sanzione e pertanto, già prima del nuovo Codice - nella prospettiva della costruzione di un sistema di responsabilità dei sodalizi maggiormente conforme a giustizia e, in particolare, al principio di proporzionalità tra violazione dell’interesse e sanzione - era stato ritenuto corretto calibrare quest’ultima valutando attentamente la fattispecie posta di volta in volta all’attenzione degli organi di giustizia sportiva (Corte sportiva d’appello, Sez. II, n. 129/2017-2018). In sostanza – come è stato riconosciuto - gli organi di giustizia della Federazione avevano già mostrato di discostarsi da un’applicazione rigida dell’istituto, in favore di una moderazione dello stesso da valutarsi caso per caso. Inoltre la dottrina aveva sottolineato che già prima del nuovo Codice alcuni casi di responsabilità cd. oggettiva rappresentavano esempi di responsabilità presunta, in quanto l’art. 13 del precedente Codice forniva alle società calcistiche la prova liberatoria in grado di esonerarle dall’addebito o, quantomeno, la possibilità di vederne attenuata la relativa sanzione.

Stagione: 2023-2024

Numero: n. 5/CFA/2023-2024/C

Presidente: Torsello

Relatore: Torsello

Riferimenti normativi: art. 4, commi 2 e 3 CGS previgente;

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