Settore tecnico –

Non è possibile pervenire a una nozione astratta di “proselitismo”, valevole per ogni tipo di illecito disciplinare. Il carattere speciale e peculiare dell’illecito disciplinare non ammette tale impostazione, atteso che la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi chiaramente dall’art. 4, comma 2, C.G.S., con i riferimenti agli obblighi di lealtà, correttezza e probità, impediscono di enucleare, come nel diritto penale, un criterio di tassatività e determinatezza delle fattispecie illecite, la cui individuazione caso per caso è invece rimessa, in ultima istanza, al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva (in tal senso cfr. decisione n. 8/CFA/2022-2023; n. 12/CFA/2021-2022). Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. In tale prospettiva, alla luce di un’ovvia esigenza di coerenza sistematica, non sembra esercizio sterile rinvenire un minimo comune denominatore delle diverse condotte rilevanti, pur tenendo conto che ogni condotta di “proselitismo” presenta dei connotati peculiari, in ragione della particolare natura e struttura di questa speciale forma di illecito disciplinare. I confini del divieto possono trovare delimitazione nella cornice delle condotte che la norma consente agli allenatori di porre in essere, contrassegnate dall’esercizio di un’attività di consulenza esclusivamente tecnica. E’ ben comprensibile che, nel comporre l’organico di una squadra che si immagina competitiva, l’allenatore possa indicare le personalità e le qualità tecniche e fisiche che, a suo parere, meglio si adattino nei singoli ruoli al modulo di gioco prescelto o che possano garantire maggiore armonia e tenuta al collettivo. La norma in esame iscrive in questa attività di “consulenza” il perimetro delle attività lecite che l’allenatore può espletare nella selezione degli atleti. Nemmeno presenta particolari difficoltà ermeneutiche la definizione del divieto di trattare direttamente o indirettamente il trasferimento dei calciatori, trattandosi di attività che impatta frontalmente con il principio di separazione tra attività tecnica e attività amministrativa, quest’ultima riservata agli organi direttivi della società sportiva sui quali ricade la responsabilità di una gestione oculata delle risorse economiche e che dunque devono poter esercitare in autonomia le scelte necessarie, senza essere vincolati a recepire il contenuto di trattative condotte con qualsivoglia modalità tra allenatore e calciatore. Maggiore complessità riveste la demarcazione del divieto di svolgere attività̀ collegate al trasferimento ed al collocamento dei calciatori, anche in ragione della genericità della formulazione, come tale non adatta a configurare con la necessaria precisione il formante dell’illecito disciplinare e, nella sua ampiezza, astrattamente idonea a ricomprendere anche condotte lecite, quali quelle ispirate da ragioni di carattere esclusivamente tecnico cui possa comunque ascriversi un contributo causale nel trasferimento dell’atleta (si pensi al caso di un calciatore costantemente non impiegato o le cui prestazioni formino oggetto di continue reprimende, tanto da indurlo a cambiare casacca). Un utile canone interpretativo può essere offerto dall’ancoraggio ai principi generali in tema di valutazione dell’illecito disciplinare, in relazione al quale viene chiesta e adottata una sanzione. L’ordinamento sportivo impone a tutti i soggetti appartenenti allo stesso l’osservanza dei principi etici, quali l’obbligo di lealtà, la correttezza e la probità, nonché l’adozione di una condotta rispondente alla dignità dell’attività sportiva. Al contempo, la condotta deve essere accertata in modo concreto e con riferimento a indici oggettivi e soggettivi, quali le circostanze e le modalità del fatto contestato. Ciò presuppone un minimo substrato di concretezza dell’attività svolta, di guisa che - ove tale substrato concreto manchi o non ne risulti la prova nei termini previsti dal codice di giustizia sportiva - la condotta non può dirsi sussumibile nella fattispecie dell’illecito disciplinare sportivo. In tale quadro, l’attività oggetto di contestazione deve consistere in condotte rilevanti sul piano della concreta incentivazione al trasferimento, senza che sia necessario, data la natura di illecito di pericolo, che esse inducano anche l’effettivo trasferimento o collocamento del calciatore. Deve, quindi, trattarsi di comportamenti, che anche senza assurgere al livello di “pressione” (se tale espressione sia intesa come esercizio di forza o di autorità), siano specificamente diretti ad influire sull’altrui volontà e consistenti nel trasmettere all’interlocutore il proprio convincimento circa la bontà della scelta prospettata, ovvero di condotte strumentali al trasferimento degli atleti sia mediante atti di persuasione rilevanti sul piano della concreta incentivazione dell’adesione alla nuova società sportiva, sia prodigandosi in un’opera di promozione finalizzata ad ottenere il favore dei soggetti cui è diretta, che sia sorretta, per attirare il consenso, dalla promessa di vantaggi materiali o professionali, da prospettive di miglioramento della situazione personale e professionale del calciatore fatto oggetto di attenzione, come anche, al contrario, che si avvalga di espressioni denigratorie sull’organizzazione o sulle qualità tecniche della società di provenienza. Ne discende che, per la configurabilità della condotta vietata di proselitismo, non è sufficiente una generica richiesta di informazioni sugli intendimenti del calciatore circa la sua futura attività sportiva, ma è necessaria l’effettiva pratica di atti inequivocamente diretti a fungere da attrazione nei confronti dell’interlocutore, e come tali idonei ad integrare il “minimum” comportamentale richiesto a tale fine.

Stagione: 2022-2023

Numero: n. 83/CFA/2022-2023/B

Presidente: Torsello

Relatore: Giordano

Riferimenti normativi: art. 40, comma 3, Regolamento settore tecnico

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