DICHIARAZIONI LESIVE – DIVIETO – ART. 23 CGS – FONDAMENTO – ATTO DI ADESIONE ALLA FEDERAZIONE – DIRITTO DI CRITICA - CANONI DELLA CONTINENZA, PERTINENZA E VERIDICITÀ - VALENZA MOLTO PIÙ INTENSA NELL’ORDINAMENTO SPORTIVO – DIRITTO DI CRITICA – ESISTE ANCHE NELL’ORDINAMENTO SPORTIVO

Il fondamento della legittimità delle norme federali che limitano la libertà di espressione – quale l’art. 23 CGS in tema di dichiarazioni lesive - risiede nel consenso manifestato dai singoli con l'atto di adesione alla Federazione stessa, nel senso che quella evidente compressione della libera manifestazione del proprio pensiero, accettata da chi chiede di tesserarsi presso una Federazione sportiva nazionale, è giustificata dall'interesse del soggetto stesso a partecipare alle attività che si svolgono in una formazione sociale all'interno della quale egli ritiene che possa ricevere pieno sviluppo la propria personalità. Tale disposizione si inserisce perfettamente nel quadro di autonomia dell'ordinamento sportivo, che può liberamente scegliere i propri obiettivi e fini, correlativamente prevedendo quali condotte siano da ritenersi incompatibili con "l'appartenenza soggettiva ad esso" e quali sanzioni applicare a tutela dell'ordinamento stesso, con un quadro normativo "che reagisca alla rottura delle regole interne" (cfr. Corte di Giustizia Federale 2.8.2012 n. 19/CGF). La stessa Corte di Cassazione, allorché si è occupata del diritto di libera manifestazione del pensiero dei lavoratori subordinati, affrontando la vexata quaestio sul diritto di critica del lavoratore all'interno dei concorrenti 'obblighi di fedeltà' e 'dovere di verità', ha sottolineato come il diritto di critica del lavoratore debba sempre rispettare continenza sostanziale e formale, intendendosi, con la prima, la verità dei fatti narrati (peraltro non assoluta, trattandosi pur sempre di opinione), e, con la seconda, un dovere di esposizione misurata, anche se astrattamente offensiva (Cass.. Sez. Lav. 17.1.2017 n.996). I canoni della continenza, pertinenza e veridicità (del fatto cui il giudizio critico si riferisce) - i quali valgono a tracciare, nell’ordinamento generale, il confine di liceità della critica – assumono, con tutta evidenza, una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati e, primi tra questi, a quei soggetti che, rappresentando le associazioni e le società sportive, ne costituiscono istituzionalmente l’immagine e la voce nei rapporti esterni e, nell’ambito di questi, con gli organi di informazione (ex multis: Corte federale d’appello, SS.UU., n. 62/2021-2022 e n.82/CFA-2022-2023). Peraltro non può certo escludersi in toto, anche nel diritto sportivo, cittadinanza al diritto di critica.

Stagione: 2022-2023

Numero: n. 88/CFA/2022-2023/D

Presidente: Torsello

Relatore: Galli

Riferimenti normativi: art. 23, comma 1, CGS

Articoli

1. Ai soggetti dell'ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA.
2. La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone.
3. Qualora le dichiarazioni siano idonee a ledere direttamente o indirettamente il prestigio, la reputazione o la credibilità dell’istituzione federale nel suo complesso o di una specifica struttura, all’autore delle dichiarazioni di cui al comma 1 si applica l’ammenda da euro 2.500,00 ad euro 50.000,00, se appartenente alla sfera professionistica. Nei casi più gravi, si applicano anche le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lettere f), g), h).
4. Nella determinazione dell’entità della sanzione sono valutate:
a) la gravità, le modalità e l’idoneità oggettiva delle dichiarazioni, anche in relazione al soggetto da cui provengono, ad arrecare pregiudizio all’istituzione federale o a indurre situazioni di pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza di altre persone;
b) la circostanza che le dichiarazioni siano rilasciate da un dirigente o da altro soggetto che abbia la rappresentanza di una società o comunque vi svolga una funzione rilevante;
c) la circostanza che le dichiarazioni siano comunque volte a negare o a mettere in dubbio la regolarità delle gare o dei campionati, l’imparzialità degli ufficiali di gara, dei componenti degli organi tecnici arbitrali e dei componenti degli organi di giustizia sportiva nonchè la correttezza delle procedure di designazione.
5. La società è responsabile, ai sensi dell’art. 6, delle dichiarazioni rese dai propri dirigenti e tesserati nonché dai soggetti di cui all'art. 2, comma 2.
6. La società è punita, ai sensi dell’art. 6, con una ammenda pari a quella applicata all’autore delle dichiarazioni. Costituisce circostanza attenuante la pubblica dissociazione dalle dichiarazioni lesive, con fissazione della sanzione anche in misura inferiore al minimo. In casi eccezionali, la pubblica dissociazione può costituire esimente.

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