
Al Museo del Calcio l’incontro per non dimenticare la tragedia dell’Heysel. Marani: “L’episodio più drammatico dello sport italiano”
Il presidente dell'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel, Andrea Lorentini: “Partendo da un fatto così negativo, si può educare e far capire cosa sia veramente lo sport”venerdì 30 maggio 2025

Una mattinata di commozione, tra testimonianze di chi c’era e la voglia di non dimenticare quello che è stato “l’episodio più atroce e drammatico dello sport italiano”, come ha ricordato Matteo Marani: questa mattina la sala conferenze del Museo del Calcio ha ospitato un incontro dal titolo ‘Heysel 40 anni dopo. Il valore della memoria’.
“La memoria è sacrificio e impegno nel quotidiano. Per questo è fondamentale portare avanti quello che successe all’Heysel non solo per le ricorrenze, ma tutti i giorni” ha sottolineato lo stesso presidente della Fondazione Museo del Calcio, Matteo Marani, che ha introdotto i vari ospiti, alternando le loro testimonianze - ancora estremamente cariche di commozione, quarant’anni dopo – a quelle dei lavori portati avanti dai ragazzi delle classi 3aF e 4aF del Liceo Sportivo ‘Galilei’ di Dolo, con la loro voglia di operare una ‘condivisione tra generazioni’, come sottolineato dai loro professori, che li hanno accompagnati attraverso questa “didattica esperienziale”.
“Il lavoro con il Museo del Calcio – ha evidenziato il presidente dell'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel, Andrea Lorentini - è importante perché ogni anno cerchiamo un tema da sviluppare con i ragazzi, perseguendo l'obiettivo di fare nostra la memoria di quella tragedia. Partendo da un fatto così negativo, si può educare e far capire cosa sia veramente lo sport”.
Al Museo di Coverciano questa mattina erano presenti anche due testimoni di quel 29 maggio 1985 a Bruxelles: il fotografo Salvatore Giglio – le cui immagini di quella sera erano esposte questa mattina nella sala conferenze - e il giornalista Paolo Galimberti, attuale presidente dello Juventus Museum. “Raccontare quella notte – ha commentato Salvatore Giglio, cercando di trovare le parole nonostante la commozione ancora visibile sul suo volto - è difficile. Fino ad allora avevo sempre fotografato un calcio pulito. Quella sera mi sono trovato con due anime: quella umana, che voleva andare via, e il professionista, il fotografo, che doveva fare il proprio lavoro. Ed è stato un lavoro duro. Una tragedia che rivivo tutti i giorni, riguardando dove sono custoditi i negativi di quelle immagini che ho scattato. Mi emoziono anche a parlarne”. Paolo Galimberti, che doveva seguire quella finale di Coppa dei Campioni per lavoro, non riuscì nemmeno ad arrivare allo stadio, bloccato dalla polizia locale: “Quel giorno ho toccato il massimo della disperazione, dal punto di vista umano ma anche da quello professionale, per non aver potuto fare il mio lavoro. In tutti questi quarant’anni è stato difficile fare in modo che non fosse dimenticato quanto accaduto”.
In collegamento è intervenuto poi Roberto Beccantini, che seguì quella finale come inviato della Gazzetta dello Sport: “Paradossalmente, per noi del mestiere, la cosa più difficile non è stata raccontare quella strage, ma capire cosa ci abbia insegnato”.
Marani ha quindi ricordato come l'evento sia stato fatto oggi e non in occasione del quarantesimo anniversario della tragedia, ovvero ieri, 29 maggio, per non accavallarsi con lo svelamento del memoriale della strage dell'Heysel, 'Verso Altrove', avvenuto proprio ieri a Torino.