Città Azzurre

Italia-Portogallo a Milano: l'intervista a Evaristo Beccalossi

giovedì 15 novembre 2018

Italia-Portogallo a Milano: l'intervista a Evaristo Beccalossi

Sabato 17 novembre, alle ore 20.45, gli Azzurri affronteranno il Portogallo allo stadio "G. Meazza" di Milano, in una gara decisiva per il primato nel girone di UEFA Nations League. Capo delegazione della nazionale Under 19 e idolo della S. Siro interista dal 1978 al 1984, Evaristo Beccalossi ci ha fatto un ritratto del capoluogo lombardo, tra passato e presente.

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Ci racconteresti la Milano di quando facevi il calciatore?

Ho avuto la fortuna di vivere la Milano degli anni 80, che era fantastica sotto ogni aspetto. Dal punto di vista calcistico il derby era veramente l’evento dell’anno, e per strada te lo facevano presente un po’ tutti: dal fornaio, al benzinaio, al macellaio. Era poi una città dallo spirito artistico. Nelle trattorie vicino ai Navigli si ascoltava la musica in dialetto, e poi c'erano i grandi locali come il Derby Club da cui sono usciti i vari Jannacci, Abatantuono, Teocoli ecc. Naturalmente c’era anche la Milano seria che lavorava; una grande città, comunque a misura d'uomo. Ho splendidi ricordi, a cominciare dall’atmosfera romantica creata dalla nebbiolina mattutina in Piazza Duomo.

E oggi invece?

Oggi si va tutti troppo di corsa. Qualche anno fa c’era più contatto tra la gente, e si è un po’ persa la milanesità. A livello estetico invece la città è stata ristrutturata in maniera meravigliosa e completa; ha mille sfumature e offre altrettante possibilità. Con un po’ più di verde ci sarebbe davvero tutto.

Qual è il tuo posto meneghino preferito?

Da anni abito in zona S. Siro, ma rimango sempre incantato dal Duomo. Ho bisogno di vederlo, fermarmici davanti e contemplarlo anche per 5 minuti. Mi dà la carica…

Quando non eri impegnato ad allenarti, preferivi vivere la città di giorno o di notte? 

Amavo la vita notturna, ma non tanto le discoteche, quanto più i locali della tradizione milanese. Ero un amante della musica. Mi ricordo che andavo al vecchio Quattrocento in via Ripamonti a tirare le tre e le quattro con gli amici, tra cui Enrico Ruggeri quando ancora suonava nei Decibel.

Passiamo alla sfera prettamente calcistica. Nonostante fossi un calciatore simbolo degli anni 80, non hai mai giocato in Nazionale...

Da calciatore l’ho sempre accettato, anche perché devo già molto al calcio, e cerco sempre di apprezzare ciò che di positivo ho avuto dalla vita. Evidentemente era destino: ho fatto tutta la trafila delle giovanili azzurre, ma non ho mai giocato con la Nazionale A. Mi reputo comunque fortunato, perché certe emozioni le sto vivendo oggi con le giovanili dell’Italia; anche se non sono in campo a giocare, quando parte l’Inno di Mameli mi batte sempre forte il cuore.

Da calciatore eri un fantasista estroso, capace, come diceva qualcuno, di fare giocare la tua squadra in dieci o in dodici, in funzione di come scendevi in campo. Oggi ti rivedi in qualcuno?

In nessuno, perché adesso il calcio è cambiato. Talvolta scendevo in campo in forma e non combinavo nulla, altre volte partivo distrutto e facevo una grande prestazione, tanto che ho trascorso sette anni all’Inter, da idolo dei tifosi, dopo che il pubblico si era abituato a Suarez, Mazzola, Corso. Per me è stato impagabile. Oggi essendoci più preparazione, professionalità e fisicità, è difficile trovare giocatori con le mie caratteristiche. Erano altri tempi. Adesso devi essere più bravo, devi abbinare tecnica a fisicità e corsa. 

Da un anno sei al servizio delle giovani leve azzurre, prima da capo delegazione dell'Under 20, poi dell'Under 19. Come stai vivendo questa nuova avventura?

E’ un anno che mi ha arricchito molto. Non conoscevo l’ambito federale delle nazionali, ma l'ho trovato molto positivo. Ci sono persone che da anni lavorano con passione e grande senso di responsabilità. Siamo a contatto con le nuove generazioni calcistiche, e abbiamo il compito di far sì che, attraverso la nostra esperienza, questi ragazzi riescano a tirar fuori le grandi qualità che hanno.

Da addetto ai lavori, come giudichi il nuovo vivaio azzurro?

Abbiamo tanti giovani che faranno parlare di sé, io li vedo e rimango impressionato. E’ un gruppo veramente interessante, che merita di avere fiducia, anche da parte dei rispettivi club. Dopo la mancata qualificazione ai Mondiali sembrava tutto sbagliato, e invece ora, a un anno di distanza, ci troviamo con dei ragazzi di grande prospettiva. Ad esempio, Tonali è appena stato chiamato da Mancini. Come dicevo prima, il nostro compito è di aiutarli a esprimere le proprie potenzialità, cercando di farli arrivare fino in Nazionale A.

Qual è il tuo "mantra" calcistico per i giovani?

Divertitevi e cercate di non perdere mail il sorriso!

Vuoi fare un appello ai tifosi milanesi in vista di Italia-Portogallo?

Non ce n'è bisogno. Milano risponderà presente alla chiamata, poiché i tifosi sanno che ora è il momento di ripartire a fianco di questa nuova Nazionale.

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