Comportamenti discriminatori - art. 28, comma 2, CGS - sanzione inferiore al minimo – impossibilità - ratio

12/23/2025

Stagione: 2025-2026

Ai sensi dell’articolo 28, comma 2, del CGS - secondo cui “il calciatore che commette una violazione di cui al punto 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate” - l’applicazione delle attenuanti di cui all’art. 13 non può comunque comportare l’irrogazione di una sanzione inferiore al limite posto dalla norma stessa, onde evitare che si riduca la portata afflittiva della sanzione minima prevista in modo tassativo dal legislatore sportivo. Ciò del resto è perfettamente coerente con il profondo disvalore che accompagna tale illecito disciplinare. Difatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte federale (CFA, SS.UU., n. 105/2020-2021), tra i “principi fondamentali” previsti dall’art. 2 dello Statuto della FIGC, al quinto comma, è declinato il principio di non discriminazione, secondo cui «La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza», disposizione di principio che trova una compiuta realizzazione nell’art. 28 del Codice di giustizia sportiva; tale condotta si sostanzia in ogni forma di discriminazione dei diritti fondamentali della persona, che non può non provocare una dura reazione da parte non solo dell'ordinamento giuridico generale e di quello sportivo, anche alla luce degli inequivoci principi posti dalla Costituzione in materia; la nozione di comportamento discriminatorio elaborata dal legislatore federale risulta coerente ed in sintonia con quella adottata dagli organismi e dalle istituzioni internazionali quali la Convenzione di New York, l’art. 14 della CEDU-Convenzione europea dei diritti dell'uomo, l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea, gli artt. 2 e 7 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; la Carta olimpica statuisce l’incompatibilità con l’appartenenza al Movimento olimpico di qualsiasi forma di discriminazione verso un Paese o una persona, sia essa di natura razziale, religiosa, politica, di sesso o altro e che i Comitati nazionali olimpici si impegnano ad agire contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport; la disciplina UEFA ha tra i suoi obiettivi quello della promozione del giuoco del calcio in uno spirito di pace, comprensione, fair play, senza alcuna discriminazione in materia politica, di genere, di religione, di razza o di ogni altra ragione; nella medesima direzione si muovono lo statuto FIFA, ove è vietata la discriminazione di un paese, di un individuo o di un gruppo di persone; il codice etico FIFA, che dispone che le persone alle quali si applica il testo – ovvero i funzionari, i giocatori, gli agenti organizzatori degli incontri e gli agenti dei giocatori – non possono offendere la dignità o l’integrità di un paese di una persona o di un gruppo di persone mediante parole o azioni di disprezzo, discriminanti o denigratorie; il codice disciplinare FIFA, nella cui ultima edizione, sono state inasprite le pene in caso di insulti e comportamenti discriminatori all’interno degli stadi; anche il CONI, infine, codifica il principio di non discriminazione, là dove impone a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo l’obbligo di astenersi da qualsiasi comportamento discriminatorio in relazione alla razza, all’origine etnica o territoriale, all’età, al sesso, alla religione, alle opinioni personali ed assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport. Da tale complesso di disposizioni traspare evidente la volontà di contrastare e punire con particolare severità tutti i comportamenti discriminatori, di ogni genere e tipologia, volti a negare il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale, anche in attuazione del principio del mutuo rispetto, posto a base di ogni convivenza civile e democratica. Ciò non significa che le circostanze attenuanti di cui all’art. 13 non possano avere un rilievo anche in presenza di un minimo edittale di pena, ma che ciò è possibile solo quando si tratti di contrastare eventuali aggravanti previste dall’art. 28.

Numeron. 0062/CFA/2025-2026/C

PresidenteTorsello

RelatoreDe Zotti

Riferimenti normativiart. 28, comma 2, CGS

Articoli

Art. 28 - Comportamenti discriminatori

1. Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori. 2. Il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato e con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 20.000,00. 3. I dirigenti, i tesserati di società, i soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che commettono una violazione di cui al comma 1, sono puniti con l’inibizione o la squalifica non inferiore a quattro mesi o, nei casi più gravi, anche con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 15.000,00 ad euro 30.000,00. 4. Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d). Qualora alla prima violazione si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte, anche congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere e), f), g), i), m). In caso di violazione successiva alla prima, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, tenuto conto delle concrete circostanze dei fatti e della gravità e rilevanza degli stessi, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere d), e), f), g), i), m). 5. Le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che in qualunque modo possono contribuire a determinare fatti di discriminazione o ne costituiscono apologia. La responsabilità della società concorre con quella del singolo dirigente, tesserato, socio e non socio di cui all'art. 2, comma 2. Per tali violazioni si applicano le sanzioni di cui al comma 4. 6. Prima dell'inizio della gara, la società avverte il pubblico delle sanzioni previste a carico della stessa società in conseguenza a comportamenti discriminatori posti in essere da parte dei sostenitori. Alla violazione della presente disposizione si applica la sanzione di cui all'art. 8, comma 1, lettera b). 7. Gli organi di giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 8, comma 1, lett. d), e), f), inflitte alla società in applicazione del comma 4. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di un anno. Se durante il periodo di prova, la società incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione.