11/25/2025
Stagione: 2025-2026
Il concetto di abnormità del provvedimento giurisdizionale, sebbene conosciuto nei vari settori del diritto (civile, amministrativo e penale) ha formato oggetto di una ricca elaborazione giurisprudenziale da parte della Suprema Corte, soprattutto in ambito penale, cui viene tradizionalmente accostato proprio per la progressiva e sempre più affinata elaborazione operata dai giudici di legittimità. La Suprema Corte (Cass. Pen. SS.UU. 28.4.2022 n. 37502) ha analiticamente passato in rassegna l’istituto – ma sarebbe più corretto definirlo, il “fenomeno” – della abnormità, muovendo dalla definizione concettuale, per poi pervenire alla bipartizione tra abnormità cd. “strutturale” ed abnormità cd. “funzionale” dell’atto giurisdizionale. Secondo tale impostazione, l’abnormità afferisce ad una particolare e grave patologia dell’atto pur se non specificamente individuata e definita dal codice di rito. La mancanza di una classificazione delle ipotesi di abnormità è frutto di una precisa scelta del legislatore penale che, ben consapevole della estrema difficoltà di una possibile tipizzazione dei casi di abnormità, ha sostanzialmente rimesso alla giurisprudenza il compito di rilevare, di volta in volta, l’esistenza di un atto abnorme e di fissarne le caratteristiche ai fini della impugnabilità, come peraltro emerge dalla Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale. La giurisprudenza ha fornito una nozione dell’atto abnorme progressivamente precisata nel tempo: e così alla abnormità derivante da un provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulta avulso dall’intero ordinamento processuale - tanto da legittimare il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. quale unico strumento processuale utilizzabile per rimuoverne gli effetti - si è aggiunta, nella progressiva elaborazione giurisprudenziale, la figura del provvedimento che, seppur astrattamente inquadrabile nell’ordinamento, in quanto manifestazione di legittimo potere, si esplica al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. Da qui la distinzione tra una abnormità cd. “strutturale”, che si collega alla non inquadrabilità dell’atto nel sistema processuale, e una abnormità cd. “funzionale”, che si verifica quando, pur non essendo l’atto estraneo al sistema normativo, esso determini la stasi del processo e la impossibilità di proseguirlo. Tali tipologie non sono estranee all’ambito civile e all’ambito amministrativo, sia pure con caratteristiche lievemente diverse. L’abnormità quindi si traduce in un vero e proprio sviamento della funzione giurisdizionale, che si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento, tanto nel caso della abnormità strutturale che in quello funzionale, con la conseguenza che entrambi le tipologie di abnormità sono riconducibili ad un fenomeno unitario. La categoria dell’abnormità presenta carattere eccezionale e derogatorio al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen. e consente, quindi, di porre rimedio, attraverso la sua impugnabilità, agli effetti pregiudizievoli connaturati ai provvedimenti non impugnabili, ma affetti da anomalie genetiche o funzionali che li rendono – per la loro eccentricità - inconciliabili con il sistema processuale.
Numero: n. 0051/CFA/2025-2026/C
Presidente: Torsello
Relatore: Grillo
Riferimenti normativi: art. 111, comma 7, CGS; art. 39, comma 7, CGS CON
1. Davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso. 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti. 3. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto. 4. L’efficacia di cui ai commi 1 e 3 si estende agli altri giudizi in cui si controverte intorno a illeciti il cui accertamento dipende da quello degli stessi fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale nei confronti dell’incolpato. 5. In ogni caso, hanno efficacia nei giudizi disciplinari le sentenze non più impugnabili che rigettano la querela di falso o accertano la falsità di un documento ovvero che pronunciano sull’istanza di verificazione. 6. Fuori dei limiti di cui ai precedenti commi, gli organi di giustizia non sono soggetti all’autorità di altra sentenza che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti; essi conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda. 7. In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria.