Processo sportivo in genere - mezzi di prova – atti provenienti da procedimento penale – utilizzabilità - ragioni

11/25/2025

Stagione: 2025-2026

Il tema della utilizzabilità, in ambito disciplinare sportivo, degli atti provenienti da altro procedimento di natura statuale (nella specie penale) è stato al centro dell’attenzione degli organi di giustizia sportivi che, in nome della piena autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statuale, hanno sempre ritenuto pienamente utilizzabili, purché legittimamente e ritualmente acquisiti, gli atti ritenuti inutilizzabili ex art. 191 c.p.p. (in particolare le intercettazioni), potendo questi essere valutati autonomamente nella sede loro propria (quella disciplinare sportiva). In particolare, è stato considerato che le intercettazioni telefoniche raccolte nel processo penale sono utilizzabili in sede di procedimento disciplinare a carico di soggetti appartenenti all'ordinamento sportivo: l'eventuale inutilizzabilità di dette intercettazioni nell’ambito processuale penale non può spiegare effetti oltre tale ambito, in conformità al principio di libera utilizzazione degli elementi di prova acquisiti in procedimenti diversi, che opera in assenza di un principio di tipicità dei mezzi di prova. Né, con ciò, possono ritenersi violati i principi di civiltà giuridica attinenti al diritto di difesa, tra i quali, anzitutto, quello del contraddittorio, per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo, vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n.241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti dello stesso e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico-argomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale. Difatti, i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine sui comportamenti criminosi; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002, n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). Nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina ed alle tradizioni storiche di ciascun procedimento (Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18) (Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 6 dicembre 2011, Lodo Ascoli; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 12 dicembre 2011, Lodo Sommese; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 20 gennaio 2012, Lodo Cremonese; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 20 gennaio 2012, Lodo Benevento; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 27 febbraio 2012, Lodo Paoloni). Pertanto, anche in ambito endofederale, alla luce dell’inequivoca previsione dell’art. 57, comma 1, del Codice – secondo cui “Gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale” - si è affermato, in tema di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli in cui le intercettazioni sono state disposte, che il relativo divieto non è applicabile ai procedimenti disciplinari, in quanto le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano “l’epilogo di procedimenti amministrativi seppure in forma giustiziale) e non già giurisdizionali sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare alla “giustizia sportiva” si applicano oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi. Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente del processo penale” (CFA, SS.UU., n. 90/2019-2020; CFA, SS.UU., n. 122-2018-2019). In termini sostanzialmente analoghi si è espresso il Collegio di garanzia dello sport, chiamato a valutare la utilizzabilità e validità delle fonti di prova necessarie ai fini della affermazione di responsabilità disciplinare, affermando che “il processo sportivo gode di piena autonomia rispetto a quello penale e il Giudice sportivo ha la possibilità di valutare, in assoluta libertà e autonomia, gli elementi istruttori raccolti in sede di procedimento penale o altrove, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentati” ed ancora, che diversamente opinando, verrebbero condizionate le valutazioni degli organi della giustizia sportiva all’esito della raccolta delle prove necessarie al fine dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, fino a ritenere che “il Giudice sportivo può attingere le prove da elementi diversi, a prescindere dalla natura e dalla valenza degli atti da cui esse sono scaturite, con conseguente possibilità di esaminare e valutare circostanze risultanti da atti di indagine compiti dal Pubblico ministero o dagli organi di polizia giudiziaria, anche se di per sé insuscettibili di costituire fonte di prova nel processo penale” (Collegio di garanzia dello sport, Sez. IV, n. 14/2016). Emerge quindi un quadro che consente di affermare – in nome della autonomia del procedimento disciplinare sportivo rispetto a quello penale – la piena utilizzabilità di atti assunti nel processo penale anche se inidonei a costituire fonte di prova per l’affermazione della responsabilità penale, essendo del tutto diverso il metro di valutazione del giudice sportivo rispetto a quello penale. Non v’è alcun dubbio che il principio ispiratore del sistema di giustizia sportiva sia quello della tendenziale giurisdizionalizzazione del procedimento. Già dalle previsioni dell’art. 2 del Codice di giustizia sportiva del CONI è possibile cogliere l’orientamento del legislatore sportivo, a conferma della volontà di attrarre il procedimento alle garanzie sostanziali dell’attività giurisdizionale (Collegio di garanzia dello sport, Sezione consultiva, parere n. 1/2016). Questa considerazione è confermata da una lettura sistematica delle norme contenute nel Codice di giustizia sportiva della FIGC, dalla quale emerge chiaramente l’intento di affermare nel procedimento disciplinare una serie di garanzie processuali, al fine di conciliare la tutela della persona e l’esigenza di un corretto ed efficace raggiungimento dei fini istituzionali dell’ordinamento sportivo, in generale, e della FIGC, in particolare (Corte federale d’appello, SS.UU, n. 30/2019-2020). Senonché, proprio la ricerca dell’equilibrio tra la tutela del tesserato e gli scopi che intende raggiungere la Federazione - connessi inscindibilmente alla sua autonomia – consente che la Federazione medesima possa perseguire la propria pretesa punitiva con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova, che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale. Del resto, nella Costituzione, nessun diritto fondamentale ivi previsto ha carattere assoluto ma esso è contemperato con gli altri diritti e l’esito del bilanciamento non può mai essere il sacrificio totale di uno dei valori in gioco, altrimenti si darebbe luogo a una tirannia del valore, utilizzando il linguaggio di Carl Schmitt. E l’operazione compiuta dalla Corte costituzionale con le due note decisioni in materia di giustizia sportiva n. 49/2011 e n. 160/2019 si è sostanziata proprio in un bilanciamento tra la tutela del tesserato in giudizio e l’autonomia del fenomeno sportivo.

Numeron. 0051/CFA/2025-2026/F

PresidenteTorsello

RelatoreGrillo

Riferimenti normativiart. 57, comma 1, CGS

Articoli

Art. 57 - Assunzione dei mezzi di prova

1. Gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale. 2. Gli organi di giustizia sportiva possono non ammettere i mezzi di prova che non presentino alcun collegamento con il procedimento pendente innanzi ad essi, che riguardino materiale già acquisito, che siano stati acquisiti illecitamente o che vìolino le norme procedimentali individuate dal Codice o da altre norme federali.