È nato a Montopoli in Val D’Arno, un piccolo comune di undicimila abitanti che ha nel tartufo il suo tesoro più prezioso. E come un tartufo Gianluca Mancini è cresciuto nelle campagne toscane celando le sue qualità, un’evoluzione graduale e silenziosa che lo ha portato a diventare oggi uno dei difensori più forti e affidabili del campionato.

“Mio nonno - racconta nell’intervista rilasciata in occasione dell’ultimo raduno della Nazionale e pubblicata oggi su Vivo Azzurro TV - aveva costruito un campetto da calcio intorno alla sua terra. Era il nostro piccolo centro sportivo”. Il piccolo Gianluca cresce in un contesto bucolico che gli permette di avvicinarsi con leggerezza e serenità alla sua grande passione: “C’erano il calcio, la scuola e tanti sogni che si sono poi realizzati. A sette anni ho iniziato a giocare nella squadra del paese. Mio padre mi ha sempre fatto vivere il calcio in maniera serena, felice. Lo prendevo come un gioco e con tanta spensieratezza, magari questa cosa mi ha fatto arrivare nel calcio dei grandi”.

Dopo gli inizi nel Valdarno, Mancini passa alle giovanili della Fiorentina, dove con Vincenzo Montella si affaccia anche in prima squadra. Nell’estate del 2015, all’età di 19 anni, arrivano la chiamata del Perugia e l’esordio in Serie B (“lì ho capito che il calcio era diventato un lavoro”), quindi il trasferimento all’Atalanta e il debutto in Serie A con Gian Piero Gasperini. Si ritroveranno qualche anno più tardi alla Roma, la squadra di cui oggi Gianluca è diventato uno dei giocatori più rappresentativi e amati dalla tifoseria: “I momenti più importanti della mia vita sono stati la nascita delle mie bimbe, il matrimonio, l’esordio in Serie A e quello in Nazionale. E poi la vittoria della Conference League: vedere tutte quelle persone a Roma mi ha riempito d’orgoglio”.

 

Marco Materazzi esulta dopo aver segnato il gol dell'1-1 con la Francia nella finale del Mondiale 2006

NEL SEGNO DI MATRIX. Il suo numero di maglia, il 23, è un omaggio a Marco Materazzi, un tributo che a 16 anni ha deciso di rendere indelebile tatuandoselo sulla pelle: “La passione per Materazzi nasce principalmente nel Mondiale del 2006. Avevo dieci anni e lui fu protagonista assoluto. Vedendolo giocare l’ho sempre apprezzato per la personalità, la grinta, per il fatto che nel bene e nel male ci metteva sempre la faccia. A Perugia poi ho avuto la possibilità di conoscerlo, da lì è nata la nostra amicizia”.

PENDOLINO CAFÙ. ‘Cafù, Cafù, accendi il pendolino, Cafù Cafù’, cantavano negli anni Duemila i tifosi romanisti per esaltare le discese sulla fascia di Marcos Evangelista de Moraes, il terzino brasiliano campione d’Italia con i giallorossi a cui un mese fa Gennaro Gattuso lo ha paragonato in conferenza stampa: “È stata una battuta che mi ha fatto piacere, certo che accostarmi a un mostro sacro come Cafù…”. Un’iperbole, quella del Ct, che fotografa la capacità di Mancini di salire dalla difesa e diventare all’occorrenza un’ala o un attaccante aggiunto. Un’attitudine sviluppata con Gasperini e che sta dando i suoi frutti anche in Nazionale, come testimoniano i primi due gol in maglia azzurra segnati con Israele e Moldova: “Il mio rapporto con il mister è bello, puro, vero. È una persona che ha saputo creare in poco tempo quello che va creato all’interno di una squadra”.

 

Gianluca Mancini in azione con la maglia della Nazionale

SOGNO MONDIALE. La prima chiamata in Nazionale arriva nel novembre 2018 grazie a un altro Mancini, Roberto, che quattro mesi più tardi lo fa esordire a Parma in occasione della goleada (6-0) con il Liechtenstein. Tra i pre convocati per EURO 2020, Mancio viene escluso dalla lista definitiva e perde così la possibilità di laurearsi campione d’Europa. Partecipa al torneo continentale tre anni più tardi, con Luciano Spalletti, ma il cammino dell’Italia si ferma agli ottavi di finale: “La Nazionale ha rappresentato sempre tanto. Le estati le passavo con gli amici al bar o a casa a vedere le partite dell’Italia, mi mettevo la mano sul petto e cantavo l’inno. Quando oggi entro in campo con la Nazionale la prima cosa che mi viene in mente sono quegli inni cantati con gli amici”. Il sogno è volare la prossima estate in America per giocare il Mondiale, ma prima c’è una qualificazione da conquistare ai play-off in programma a fine marzo: “La voglia di andare ai Mondiali è tanta. Siamo concentrati su quello che dobbiamo fare, bisogna prepararci al meglio e arrivarci con una consapevolezza forte”.